Neer fu il primo a descrivere l’osteoartrosi gleno-omerale primaria.
L’Autore descriveva tale patologia che presentava i seguenti segni clinici, radiografici e anatomopatologici:
- segni clinici:
- Dolore nei movimenti attivi e passivi, talvolta anche a riposo
- Limitazione dei movimenti attivi e passivi dell’articolazione gleno-omerale
- segni radiografici:
- Riduzione e/o perdita dell’emirima articolare
- Deformazione della testa omerale determinata dall’osteofitosi
- reperti anatomo-patologici:
- La superficie omerale presenta una caratteristica usura centrale, circondata da osteofiti
- La cartilagine glenoidea è tipicamente erosa posteriormente, mentre la cartilagine anteriore è normale
- La testa omerale è centrata sulla glena o parzialmente sublussata posteriormente
- La cuffia dei rotatori è generalmente indenne, anche se può presentare lesioni nel 5-15% dei casi.
Rockwood definisce l’artrosi gleno-omerale come un’artropatia in cui le superfici articolari vengono danneggiate ad opera di numerosi fattori degenerativi, metabolici, infettivi, infiammatori o congeniti.
La degenerazione articolare gleno-omerale può essere secondaria ad altre patologie che danno inizio al processo involutivo della cartilagine, come i traumi, la necrosi avascolare o le lesioni massive di cuffia.
L’artrosi gleno-omerale primaria è relativamente rara, infatti rientra nel 3% del totale dei casi di artrosi, riguarda pazienti di età avanzata e sesso soprattutto femminile con lieve predilezione per il lato dominante.
GEOMETRIA DELL’ARTICOLAZIONE GLENO-OMERALE
L’articolazione gleno-omerale necessita per il normale funzionamento di quattro requisiti essenziali:
- Motilità
- Stabilità
- Forza
- Scivolamento
Motilità gleno-omerale
La capsula articolare è normalmente lassa per gran parte del movimento articolare, man mano che ci avviciniamo al limite della sua escursione la capsula e i legamenti entrano improvvisamente in tensione, stabilizzando la testa dell’omero sulla superficie glenoidea.
La motilità gleno-omerale nella osteoartrosi è compromessa:
- La capsula articolare e i legamenti subiscono una retrazione
- Gli osteofiti ostacolano meccanicamente il normale scivolamento dell’articolazione
Stabilità
La stabilità di una spalla normale dipende:
- dalla versione e estensione della superficie articolare omerale
- dalla versione glenoidea
- dalla concavità della glena
- dalle forze muscolari che agiscono sulla scapola
La diafisi forma normalmente un angolo di inclinazione di circa 130° (dai 125° ai 140°) con l’asse centrale della testa omerale che a sua volta forma un angolo di retroversione (angolo ?) con l’asse transepicondilare del gomito con valori che la letteratura riporta tra 7° e 50°, così come la superficie glenoidea è orientata nello spazio in un angolo di retroversione variabile da 0° a 7° (angolo ?).
Il sovvertimento di tali valori è inevitabile nella spalla artropatica, infatti la congruenza articolare diminuisce:
- per la presenza degli osteofiti e la ridotta estensione della superficie articolare omerale che sono responsabili della minore area di contatto alla interfaccia articolare
- per l’alterata concavità glenoidea, che si modifica per il processo infiammatorio e per l’usura più frequentemente posteriore a differenza della artrite reumatoide dove l’erosione è tipicamente centrale
Forza
La forza nella spalla artropatica è compromessa dalla degenerazione dei tessuti molli e dal non uso.
La riduzione dell’interlinea articolare provoca una variazione dell’ideale rapporto tra lunghezza e tensione dei muscoli della cuffia dei rotatori e del deltoide. L’accorciamento delle fibre muscolari determina il deficit di forza.
Scivolamento
Lo scivolamento dell’articolazione glenoomerale dipende dalla integrità delle superfici articolari e della cartilagine che le riveste, le quali, lubrificate dal liquido articolare, offrono minore resistenza al movimento. La compromissione di questi fattori nella spalla artropatica facilita l’attrito delle superfici articolari.
VALUTAZIONE RADIOGRAFICA
Il protocollo radiografico dell’artropatia gleno-omerale prevede la richiesta di:
- la radiologia tradizionale
- la tomografia assiale computerizzata (TAC)
- la risonanza magnetica nucleare (RMN)
Radiologia tradizionale
Le proiezioni radiografiche standard comprendono:
- la proiezione antero-posteriore (AP) sul piano della scapola eseguita con la spalla in extrarotazione, in rotazione neutra ed in intrarotazione fornisce informazioni relative alla interlinea articolare, osteofitosi e alla presenza di corpi mobili articolari
- la proiezione ascellare (AS) fornisce informazioni relative alla interlinea articolare e alla sua ampiezza, alla presenza di osteofiti, alle erosioni e deformazioni omerali e glenoidee, alle posizioni relative della testa omerale e della glenoide.
Walch ha descritto come misurare la sublussazione della testa omerale con una tecnica ideata da Papillon esaminando i radiogrammi eseguiti in proiezione AS in fluoroscopia. Si disegna dal centro della glena una linea perpendicolare (y) alla linea parallela alla superficie glenoidea(x), quindi una linea parallela a quest’ultima che passa per il terzo medio della testa omerale e che ne rappresenta il suo diametro maggiore (linea b). L’intersezione di b con y delimita la sezione posteriore della testa il cui diametro maggiore è indicato dalla linea a. Il rapporto di a con b indica il grado di sublussazione della testa omerale: se il rapporto è superiore a 55% la testa è sublussata posteriormente, mentre se il rapporto è inferiore a 45% la testa è sublussata anteriormente.
Samilson e Prieto hanno descritto una classificazione del grado di artrosi dell’articolazione gleno-omerale che prevede 4 tipi di gravità e osteofitosi:
- grado 0 si riferisce alla spalla normale
- grado 1 si riferisce a un tipo lieve di artrosi con osteofitosi minore di 3 mm
- grado 2 si riferisce ad un tipo moderato di artrosi con osteofitosi da 3-7 mm della testa omerale e della rima glenoidea
- grado 3 si riferisce ad un tipo severo o gra
ve di artrosi con osteofitosi di 7 mm con o senza congruenza articolare
La tomografia assiale computerizzata consente di apprezzare meglio le deformità ossee e i rapporti articolari sia sul tradizionale piano trasversale che nelle ricostruzioni bidimensionali.
La ricostruzione tridimensionale è di scarso aiuto e in molti casi superflua.
La tradizionale scansione sul piano trasversale permette di misurare l’angolo di retroversione glenoidea in base all’intersezione della perpendicolare all’asse longitudinale della glena con la tangente al suo margine anteriore e posteriore.
Il normale angolo di retroversione della glena varia da 0° a -7°, ma l’usura da artropatia può determinare un angolo di retroversione fino a 25° che si accompagna in genere alla sublussazione posteriore della testa omerale.
Walch e collaboratori, basandosi sullo studio di TAC sul piano trasversale e utilizzando le scansioni immediatamente sottostanti a quelle che evidenziano la coracoide hanno descritto tre tipi di morfologia glenoidea:
- Tipo A caratterizzato da un uguale bilanciamento di forze che agiscono sulla glena con la testa omerale centrata e suddiviso in un tipo A1 con minore usura ed un tipo A2 se l’usura è maggiore con glena concava.
- Tipo B caratterizzato da un asimmetrico bilanciamento delle forze che agiscono sulla glena: tipo B1 che presenta sclerosi subcondrale, riduzione dell’interlinea articolare e formazioni geodiche con preminenza posteriore. Tipo B2 con usura posteriore che determina l’immagine di una doppia concavità.
- Tipo C definito arbitrariamente con una retroversione superiore a 25° senza evidenza di biconcavità della glena e non dovuta all’erosione artrosica, ma ad un’erosione di natura displasica.
Raramente, in associazione a gravi alterazioni della testa omerale, è possibile evidenziare ulteriori deformità della glena che noi definiamo di Tipo D (glena convessa).
RMN
La RMN è utilizzata come la TAC per studiare sia la retroversione della testa omerale che per valutare l’usura glenoidea, ma è di fondamentale importanza per lo studio delle parti molli:
- Lesioni di cuffia
- Valutazione del grado di degenerazione adiposa dei tendini e dei muscoli della cuffia
- Tipo 0 dove non è presente degenerazione adiposa nel muscolo
- Tipo 1 in cui sono presenti tracce di degenerazione adiposa nel muscolo
- Tipo 2 in cui la degenerazione adiposa ha coinvolto meno del 50% del muscolo
- Tipo 3 in cui la degenerazione adiposa ha coinvolto il 50 % del muscolo
- Tipo 4 in cui la degenerazione adiposa ha coinvolto più del 50 % del muscolo
TRATTAMENTO
Il trattamento dell’artropatia gleno-omerale può essere:
- Conservativo, con un trattamento fisioterapico volto al recupero dell’articolarità e al potenziamento muscolare senza eccessivi carichi di lavoro, in associazione a terapia medica antinfiammatoria sistemica o locale che consenta di ottenere un miglioramento della sintomatologia.
- Chirurgico, che viene preso in considerazione in casi refrattari al trattamento conservativo e prevede la sostituzione protesica parziale o totale dell’articolazione gleno-omerale in elezione, cioè la sostituzione della testa omerale ed eventualmente della superficie glenoidea. La protesi parziale di spalla è indicata nelle artrosi con cuffia insufficiente o con glena conservata, mentre la protesi totale di spalla è indicata in caso di omartrosi con testa omerale e glena usurate.
Le protesi di spalla più utilizzate sono le protesi di spalla “non-constrained” di terza generazione, che si basano su due principi fondamentali indispensabili per ottenere un buon risultato clinico. - La possibilità di riprodurre perfettamente l’anatomia della spalla grazie alla modularità e all’adattabilità delle componenti
- L’uso di uno strumentario semplice e riproducibile da un chirurgo a un altro,
La protesi presenta una varietà di misure di stelo e testa da scegliere in base all’anatomia del singolo paziente, in modo da non dovere adattare l’omero all’impianto.
CONSIDERAZIONI
Le risposte che il chirurgo ortopedico deve avere dal radiologo quando si accinge ad impiantare una protesi di spalla per una artrosi concentrica primaria sono:
- La misura della retroversione glenoidea
- L’usura glenoidea posteriore
- Il grado di sublussazione della testa omerale Tali valutazioni sono possibili se eseguite con le tecniche proposte, che pur essendo di facile esecuzione, sono scarsamente riproducibili come descritto da Walch.
La povera riproducibilità è spiegata dalla deformazione artrosica che modifica i normali reperi anatomici omerali e scapolari, ma se tali metodiche fossero costantemente applicate si ridurrebbe in maniera significativa il fallimento di un intervento di artroprotesi di spalla, avvicinandone il risultato alle più popolari e utilizzate protesi di anca e ginocchio.